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Il basilico di Albenga: dal campo all’industria

Si fa presto a dire basilico. Ma il mondo che sta dietro all’industria di uno dei principali simboli di Liguria è cosa da non credere se non vista di persona. Lo spiega con dedizione chi si occupa giornalmente del processo e del mercato verde rappresenta una grande fetta. Storia di Mario Anfossi da Albenga, presidente del consorzio di tutela del basilico genovese dop. Un organismo che mette assieme 50 aziende liguri comprese tra Spezia e Ventimiglia.

Racconta la grande differenza tra il basilico in serra e quello legato all’industria, l’imprenditore ingauno: “Intanto la coltivazione è diversa. Si lavora a pieno campo e si prosegue per 6 mesi, dalla primavera fino a novembre. Poi, il prodotto viene sfalciato a siepe”.

Quel basilico viene trasformato in semi lavorato e diventa base del pesto. Destinazione principale quella italiana, a seguire l’America. Mercati che acquistano un semilavorato appunto, da lavorare con altri ingredienti. Intanto, aziende come quella di Albenga, lavorano con cura attraverso passaggi che coniugano la tradizione della coltivazione assieme a un’altissima tecnologia.

Il 2014 anno per il basilico che giunge dopo una stagione terribile: “Il 2013 ha segnato una tragedia del settore per la peronospera. Ci ha preso alla sprovvista e gran parte del raccolto è andato perduto”. Oggi a fare la differenza sono 2 nuove armi registrate e certificate per la battaglia. La malattia non fa più paura. E il processo dal campo aperto della piana ingauna che guarda gli Stati Uniti non ha più paura.

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