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Dalle spiagge di Alassio alla Piazza Rossa. La storia di Davide, ingegnere alassino in Russia

Dal sole e le spiagge di Alassio, ai lunghi inverni di Mosca. È un salto di circa tremila chilometri quello di Davide Barbero, ingegnere-architetto alassino classe 1982, che da quasi due anni si trova nei pressi del Cremlino per occuparsi di documentazione tecnica e gestione dei disegni per una importante impresa di costruzioni italiana che opera nel territorio russo, la quale sta portando avanti diverse operazioni, tra cui un progetto di ricostruzione dello stadio di una società sportiva e la realizzazione di edifici residenziali e per uffici.

L’approdo nella capitale della Russia è datato ottobre 2013, dopo un lungo percorso lavorativo.

“Il mio percorso, se vogliamo, è stato piuttosto tortuoso”, afferma Davide. “Una volta terminati gli studi al Liceo Scientifico Giordano Bruno di Albenga, mi sono trasferito a Pavia per studiare alla facoltà di Ingegneria Edile e Architettura, dove mi sono laureato. Pavia è una città di dimensioni ridotte e le occasioni di lavoro non sono spesso ottimali cosi, come gran parte dei pavesi, ho iniziato a fare il pendolare su Milano nell’autunno 2008”.

Quindi, la pratica in alcuni studi di architettura, per poi effettuare un cambio di indirizzo professionale, con l’ingresso in un’impresa di costruzioni.

“Erano nel frattempo passati due anni quando sono entrato per la prima volta in un cantiere vero, e non era proprio un cantiere qualsiasi, ma quello per il rinnovamento della ex fiera cittadina, tanto contestato e spesso discusso dai media locali e nazionali. Sono rimasto lì per tre anni, una esperienza che mi ha profondamente cambiato, perché ho avuto l’opportunità di imparare davvero tanto”, ricorda Barbero.

Fu in quell’occasione che si presentò l’opportunità per andare verso est.

“Proprio quando la società per cui lavoravo, dopo aver completato una parte del progetto, stava uscendo di scena per far posto ad altre imprese di costruzioni più strutturate, parlando con il direttore del progetto venni a sapere che ci sarebbero state opportunità di lavoro all’estero presso la società ‘madre’ di cui allora eravamo satellite, o per una delle altre ‘figlie’, così mi resi immediatamente disponibile. Mosca è stato un colpo di fortuna, considerando che molto spesso una persona che non ha esperienza di cantieri all’estero come prima opzione la indirizzano in qualche posto in mezzo al deserto. Certo, sono comunque cresciuto al mare e dovrei essere più abituato alla sabbia e al caldo che non al lungo inverno del nord, dove la prima neve cade già a settembre e l’ultima spesso a maggio, ma a essere sincero l’idea di andare in un campo recintato a chilometri di distanza dal primo villaggio, costretto ad uscire scortato, non era proprio tra le mie massime aspirazioni”.

Un’esperienza lavorativa all’estero, ma anche un arricchimento culturale.

“Nell’ufficio siamo in maggioranza giovani, quasi divisi a metà tra italiani e russi, e non mancano anche colleghi provenienti da altre parti dell’Europa e del mondo. Si tratta insomma di un ambiente in cui spesso ci si trova faccia a faccia con culture completamente diverse dalla nostra, con i pro e i contro che ciò ovviamente può comportare”.

L’impatto iniziale non è stato dei più semplici. Primo ostacolo, l’idioma differente.

“Sono una persona che si adatta alle situazioni. Anche se devo dire che, sebbene non fosse la prima esperienza al di fuori dell’Europa, il primo impatto con la lingua locale è stato molto duro. In precedenza, per studio, lavoro o volontariato avevo già lasciato l’Italia, alcune volte con destinazioni quali Emirati Arabi, India e Camerun, ma sebbene in alcuni casi l’alfabeto usato fosse completamente diverso, almeno in un paio di occasioni le indicazioni che si incontravano in giro per le città erano sempre anche in Inglese, e la gente aveva comunque una conoscenza base della lingua. Qui è stato più difficile orientarsi. Provare a chiedere informazioni per strada in inglese trova, per la maggior parte delle volte, nessuna risposta: in generale, le persone al di sotto dei 30 anni hanno una discreta conoscenza della lingua, ma con gli over 40 è veramente molto raro riuscire a comunicare se non in Russo. Per tale motivo è stato fondamentale iniziare a studiare almeno le basi della lingua: dopo due anni, posso dire che riesco a capire almeno il 50% delle conversazioni, sebbene sia molto lontano dal riuscire a formulare qualche frase sia nella lingua parlata che in quella scritta. Queste sono state le principali difficoltà che ho incontrato: al freddo uno si abitua, ma è invece con il cambio di stagioni che faccio ancora un po’ fatica, con le poche ore di luce in inverno e il bagliore che non cala quasi mai in estate”.

Nei due anni di permanenza, Davide ha iniziato a prendere confidenza con usi e costumi locali.

“Prima di arrivare, non mi ero fatto una idea generale sulle persone, ma guardandoli a posteriori direi che alcuni cliché risultano veri al 100%, come per esempio il fatto che raramente sorridano e sembrino sempre seri, ma cambiano completamente una volta che ti prendono in amicizia. C’è tuttavia un elemento che ho notato – ma sinceramente non posso dire con certezza che sia diverso da quello che accade in Italia o se avviene lo stesso anche in altre parti nel mondo – ed è l’atteggiamento generale di altri italiani che ho incontrato qui. Sia chiaro: non tutti sono così, ma spesso mi sono imbattuto in situazioni poco gradevoli, dove miei connazionali si sono comportati in maniera molto poco educata, che sfociava in arroganza se non di superiorità. Non nascondo che questo, per me, sia stato a volte un motivo di profonda vergogna”.

La nostalgia per il territorio ligure, e in particolare di Alassio, è forte. E Davide la sentiva già prima di dover fare le valigie per Mosca.

“Prima di partire e lasciare la Lombardia, che mi ha ospitato per quasi dodici anni, devo ammettere che sentivo già la nostalgia della mia piccola Baia del Sole: è un legame che si crea con il tempo e con la distanza, perché quando hai 20 anni o poco più non vedi l’ora di andartene, ma poi comincia a mancarti il rumore del mare, il profumo, gli amici con cui sei cresciuto e ovviamente la tua famiglia, così inizi a tornare più di frequente. Adesso è molto meno facile a causa dei tremila chilometri e delle 4 ore e poco più di volo. Vorrei tornare più spesso, ma ho iniziato a costruirmi una vita qui”.

Per questo, anche per combattere un po’ la saudade alassina, Barbero si è portato un po’ di casa sua a Mosca. A cominciare dai sapori.

“Ci sono tante cose che mi riportano con la mente ai miei luoghi di origine, come per esempio la cucina, rispolverando le ricette di famiglia o anche solo facendo il pesto ogni tanto: il basilico che si trova qui non è purtroppo quello di Albenga, ma non è nemmeno cosi male. E poi ovviamente, ogni volta che torno in visita, non dimentico mai di riempire i bagagli con i prodotti tipici della Liguria come olio e olive, in cima alla lista”.

Il biglietto di Davide Barbero per Mosca è di sola andata? Il bagaglio di esperienze può essere utile per un eventuale ritorno sul territorio, afferma, ma non nel suo settore.

“Per il futuro non posso escludere niente. Desidero cambiare ancora, quello sì, perché è dentro di me. Non riesco a stare nello stesso posto per più di un certo periodo, sono fatto così. Negli ultimi anni, le nostre belle colline e le nostre valli hanno visto molto cemento, spesso a sproposito. Se decidessi di tornare in Liguria, lo farei per cambiare il mio stile di vita odierno e fare qualcosa di diverso dal mio lavoro attuale, magari più a contatto con la natura o in ambito turistico ricettivo”.

(Cri. Bos.)

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