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Berta (UISV): “Ottimismo per l’economia della provincia, ma resta la preoccupazione per Tirreno Power”

Segnali positivi si intravedono all’orizzonte, ma resta la grande preoccupazione per la questione Tirreno Power. Lo afferma Alessandro Berta, Direttore dell’Unione degli Industriali della Provincia di Savona.

“Per il biennio 2015-2017 sarei ottimista per l’economia della provincia di Savona, alla luce della tipologia e della mole di investimenti che le aziende vogliono mettere in campo, anche grazie ai fondi comunitari. Resta la grandissima criticità di Tirreno Power, poiché oltre alla produzione diretta ci sono tutte le maestranze delle imprese dell’indotto e dell’impiantistica, aziende che in quell’impianto occupano alcune centinaia di persone, che lì mettono in opera attività tecniche che sono in grado poi di riproporre su altri mercati e in altri territori”.

 

La situazione potrebbe avere risvolti drammatici, per l’economia del territorio, aggiunge il Direttore UISV.

“Perdere un impianto come quello di Vado ligure, vorrebbe dire disperdere questa capacità di saper fare, vorrebbe dire dover cercare di acquisire competenze e referenze al di fuori del nostro territorio e perdere competenze umane costruite negli anni. È presente del personale specializzato che, con la centrale ferma, dovremo reimpiegare fuori dalla Liguria. La mia preoccupazione è legata, dunque, alla dispersione del know-how e del capitale umano che si è costruito nel corso degli anni”.

Il mondo imprenditoriale non perde tuttavia le speranze per una risoluzione positiva del caso.

“C’è un’inchiesta in corso, non siamo ancora arrivati neppure al rinvio a giudizio e quindi a una piena partecipazione in contraddittorio. Siamo fiduciosi: l’azienda ha dichiarato di voler andare avanti, ed è anche pronta a effettuare gli investimenti richiesti dall’AIA, sebbene le emissioni siano al di sotto dei limiti di legge e al di sotto di quelli di tutte le altre centrali, d’altronde l’azienda ha sempre operato entro i limiti imposti, come si legge nella stessa ordinanza del Gip. Quello che occorre cambiare dell’AIA sono i limiti temporali e produttivi irragionevoli imposti, non i limiti emissivi, ma i tempi di avvio e di durata temporale dell’AIA, inconciliabili con un investimento di quelle dimensioni”.

Al di là delle singole situazioni, tuttavia, c’è un problema nel sistema-Italia relativamente alle imprese, afferma Berta.

“Il problema, tuttavia, è tipicamente italiano ed è uno di quelli che ci rende poco attrattivi per gli investitori esteri: c’è difficoltà nel fare impresa in Italia: esistono limiti ambientali in tutti i settori definiti dalle norme a livello comunitario, se l’azienda rispettando i limiti e le autorizzazioni comunque si trova a “non fare bene”, allora diventa un problema. Ci troviamo in concorrenza con sistemi che hanno regole più precise e più chiare e che, tra l’altro, negli stessi settori applicano limiti decisamente meno restrittivi”.

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