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Riforma dei Porti, Savona e Salerno scrivono a Matteo Renzi per dire no agli accorpamenti

Con una nota congiunta, le comunità portuali di Savona e Salerno hanno scritto al Presidente del Consiglio Matteo Renzi per manifestare le proprie perplessità riguardo al progetto di riforma dei porti e, in particolare, alle ipotesi di accorpamento con altri scali. SVolta.net propone ai suoi lettori il testo della lettera:

COMUNITÀ PORTUALI DI SALERNO E SAVONA
DOCUMENTO DI LAVORO SULLA RIFORMA DELLA LEGGE N. 84/94

Le Comunità portuali di Salerno e di Savona ribadiscono la propria ferma e convinta opposizione alla ipotesi di accorpamento dei propri porti alle Autorità Portuali di Napoli e Genova, perché quella degli accorpamenti è una scelta inutile, dannosa ed irrilevante rispetto alla soluzione dei veri problemi della portualità italiana e rispetto alla elaborazione di un sistema integrato di portualità e logistica.

Le due comunità portuali rilanciano la proposta di riforma verso un ben più ampio, alto ed organico piano strategico che, salvaguardando le attività messe in campo, le attive specializzazioni già conseguite, la efficienza, la capacità competitiva e la virtuosa autonomia gestionale consolidata a livello locale, punti alla realizzazione di:
1) una sola Authority Nazionale della Logistica e della Portualità, o in alternativa, di
2) sei Autorità di Sistema della Portualità e della Logistica (Nord Est, Nord Ovest, Sud Est, Sud Ovest, Sicilia, Sardegna);
capaci di realizzare una vera integrazione tra le varie componenti del sistema trasporti e della logistica, per rendere complessivamente più competitivo il nostro paese nell’interscambio con i mercati del Mondo. Diversamente le comunità portuali di Salerno e Savona reclamano l’autonomia delle proprie Authority, così come garantito ad altri14 o 15 porti del paese, molti dei quali di ben minore rilevanza.

LO SCENARIO IN ATTO

Per provare a formulare una proposta operativa, coerente con le reali esigenze dei Porti, occorre però ripartire dai concetti di base: a cosa servono i porti del Paese?

Per una nazione come l’Italia, la cui economia può diventare più forte solo puntando ancora maggiormente sull’export, i porti sono il varco di accesso competitivo ai mercati internazionali, sono i gateway che devono consentire di rendere più competitivo l’export italiano nel mondo, sono il canale di approvvigionamento delle materie prime e dei semilavorati per le nostre aziende di trasformazione. Sono anche i varchi per l’ingresso di beni destinati al consumo.
L’interesse primario del paese è innanzitutto sviluppare una rete di porti efficienti, a servizio dell’export nel mondo delle proprie industrie manifatturiere, porti vicini territorialmente alle aree di produzione industriale, perché il costo maggiore del trasporto è rappresentato dal trasferimento delle merci, sulla tratta terrestre, tra l’industria e lo scalo marittimo. Non sono direttamente correlati all’interesse del sistema produttivo del paese i porti di transhipment, perché essi non hanno alcuna relazione con l’economia industriale delle produzioni. Così come è illusorio che i grandi flussi di merci che produce l’Italia settentrionale possano mai essere imbarcati (o sbarcati) tramite porti del Sud (o viceversa) : sarà sempre la nave il mezzo più competitivo per trasferire grandi concentrazioni di carico, con scali diretti nei porti più prossimi ai grandi bacini delle produzioni industriali e dei consumi. Viene spesso riproposta anche una ulteriore considerazione: i porti del Nord Italia possono diventare il vero gateway dell’Europa centrale, facendo transitare le merci di quest’area industriale e dei consumi, attraverso gli scali del nostro paese e, per questa ragione, i porti devono essere integrati a costituire un sistema.
L’ipotesi, non facilmente realizzabile, ma non impossibile, si scontra proprio con la impostazione della proposta di riforma della legge.
E ancora un’altra domanda: a cosa servono le Autorità Portuali ?

Esse servono, anzi sono indispensabili, a gestire e coordinare sistemi enormemente complessità, quali i porti, dove interagiscono molte funzioni : navigazione e capacità di accogliere le navi in sicurezza; frontiera dello stato, security, formalità doganali e tutela degli interessi erariali; sbarco, imbarco movimentazione delle merci e quindi cerniera competitiva tra l’economia del paese e le economie mondiali. Le Autorità Portuali sono altresì fonte di soluzioni a problematiche territoriali di non facile gestione (comuni, città metropolitane, province sui cui insistono i porti). Ciò significa gestire, coordinare e raccordare una moltitudine immensa di funzioni, concessioni, mezzi e uomini : navi, camion, treni, gru, mezzi meccanici, magazzini portuali, terminal merci, imprese, lavoratori, passeggeri, servizi portuali. Una complessità enorme che ha bisogno di un forte presidio locale, in particolare quando si parla di traffici portuali molto significativi, come nel caso di Salerno e di Savona. Questa era la ratio della istituzione delle Autorità Portuali e questa ratio rimane valida anche oggi (Legge 84/94 art. 6, comma 10). Il declassamento a “direzione di scalo” – senza alcun potere ed autonomia – si traduce in un modello funzionale del tutto incoerente con le esigenze di gestione della complessità, tipica degli scali rilevanti.

LA BOZZA DI RIFORMA DEI PORTI

L’attuale bozza di riforma, partendo da una originaria visione “strategica” di razionalizzazione ed integrazione del sistema italiano dei porti e della logistica, con la costituzione di Autorità di Sistema dei Porti e della Logistica, individuate in un numero molto ristretto, sostanzialmente coincidenti con sei macro-aree economiche o piastre logistiche-infrastrutturali è stata man mano modificata, perdendo il suo originario valore strategico, per “accontentare” un certo numero di porti (14 o 15 al momento), ai quali è stata “garantita” l’autonomia, a fronte di “piccoli” accorpamenti che, per finalità puramente estetiche, ancora vengono definiti “Sistema”, ma che – palesemente – sistema non sono. Tra essi Savona e Salerno, accorpati rispettivamente a Genova e Napoli. Gli accorpamenti nulla hanno a che vedere con la soluzione dei problemi della portualità italiana, rischiando, anzi, di avere effetti negativi. Nonostante i porti di Salerno e Savona siano tra le principali e piu’ dinamiche realtà portuali del Paese, i loro accorpamenti continuano ad essere presentati con molta superficialità. Si sottace che ne verrebbe messa in seria discussione, al di là delle parole di circostanza, l’efficienza, la capacità di rispondere al mercato, la competitività, la straordinaria crescita e la eccellenza amministrativa dimostrata in tanti anni di operosa attività, che ha visto messi in campo – con generosità – i sacrifici e l’impegno forte, tenace e coeso di maestranze, imprese ed Istituzioni locali. Questi “mini” accorpamenti non hanno alcuna rilevanza rispetto alla risoluzione delle maggiori criticita’, che possono essere così sintetizzate (in larga parte frutto di una patologica applicazione delle norme già contenute nella legge n. 84/94 in vigore):
nomina dei Presidenti
iper-burocratizzazione di processi e procedure, che blocca i tempi e la capacità di realizzare opere di adeguamento infrastrutturale e varianti al piano regolatore;
incapacità a realizzare i dragaggi, indispensabili per l’accoglienza nei porti delle navi di ultima generazione;
scarsa capacità di progettazione ed impiego delle risorse finanziare della UE;
scarsa integrazione intermodale con le aree e piattaforme retroportuali ed interportuali;
iper-burocratizzazione delle procedure di entrata e uscita delle merci, con tempi quadrupli rispetto ai paesi concorrenti;
accesso ai servizi tecnico nautici.

Né questi “mini” accorpamenti hanno rilevanza rispetto ad altri temi posti dal Ministro Delrio nel corso di recenti incontri: il mancato coordinamento degli investimenti e il confronto tra i traffici portuali italiani e quelli del Nord-Europa.

Il mancato coordinamento non verrà certo risolto con l’individuazione di 14 scali autonomi, senza attuare una regia in tema di programmazione infrastrutturali che eviti duplicazioni costose ed inutili. Ciò che stupisce è che si ipotizzi una legge di riforma, con gli accorpamenti, per effettuare un coordinamento che, senza modificare la norma in vigore, già oggi il Ministero ha la prerogativa ed il potere di esercitare (Legge 84/94 art. 5, comma 9 e 10 L. 84/94: spetta al Ministero…il controllo in merito alla individuazione delle opere di grande infrastrutturazione da realizzarsi nei porti …. ).

Rispetto, poi, alla scarsa crescita dei traffici portuali e al confronto tra i porti italiani e i porti del nord-europa, le cause vanno ricercate non certo nell’attuale sistema della portualità (se non nella fase patologica dell’eccesso di burocrazia nei controlli della merce e nelle autorizzazioni agli interventi infrastrutturali), né sarà l’accorpamento dei porti di Savona e Salerno, o di qualsiasi altro porto, a favorire l’incremento dei traffici. L’andamento dei traffici portuali, infatti, è legato all’andamento delle produzioni industriali del paese destinate all’esportazione e dalla domanda interna di beni di consumo. È ovvio che se l’economia del paese non cresce, i traffici portuali NON possono crescere. La situazione portuale italiana, poi, non è paragonabile alle dinamiche portuali del Nord Europa, che ha un fronte-mare ridotto rispetto ad una piattaforma continentale praticamente illimitata e pianeggiante, estesa dalla Francia del nord fino alla Russia, che mette assieme la più forte concentrazione di capacità produttiva e dei consumi del continente. L’Italia, al contrario, ha una vastissima estensione del fronte-mare e una difficilissima configurazione morfologica delle aree interne, protendendosi “stretta e lunga” per 1000 chilometri nel Mediterraneo. È l’unico paese europeo ad avere un fronte adriatico ed un fronte tirrenico, con i porti del sud che non possono servire, per distanza, i territori del nord e viceversa.
Il modello di gestione della portualità italiana deve quindi necessariamente prevedere molti più scali, “snelli”, efficienti e competitivi, dove prevalga lo spirito della libera impresa e della libera concorrenza, al servizio di aree e ambiti produttivi territoriali, con la capacità di mettere in collegamento le aziende di tali ambiti territoriali con tutti i mercati del mondo.

SPUNTI DI RIFLESSIONE SULLA RIFORMA DELLA LEGGE N. 84/94.
COSA FARE ? LE PROPOSTE DI SALERNO E DI SAVONA

1. Riduzione del numero delle Autorità Portuali con la soppressione delle Authority per le quali è applicabile la norma già prevista dalla attuale Legge 84/94 e il mantenimento delle Autorità Portuali che rispondono ai requisiti indicati dall’art. 6, comma 8 di tale legge e che abbiano un tracciato di best practices in merito alla gestione economica dell’Ente, al trend dei traffici, alla realizzazione di piani di riqualificazione infrastrutturale con capacità di spesa dei fondi UE a disposizione.
2. Semplificazione e sburocratizzazione, con tempi certi e “veloci” delle procedure di sbarco e sdoganamento, nonché delle autorizzazioni necessarie alla realizzazione di adeguamenti e modifiche dei piani regolatori portuali, dragaggi, realizzazione di piazzali, banchine, e riqualificazioni infrastrutturali, particolarmente nel caso di interventi all’interno dei confini esistenti del porto.
3. Una diversa organizzazione gestionale degli scali e della logistica italiana che punti al raccordo tra singole Autorità Portuali, Aeroporti, Interporti, reti stradali e ferroviarie, Regioni e Ministero, ai fini della pianificazione complessiva degli investimenti da sottoporre al controllo ed approvazione ministeriale sulla base delle proposte e indicazioni fornite da ciascuna struttura operativa locale, al fine di promuovere sistemi logistici territoriali integrati, essenziali all’efficienza e alla competitività del sistema industriale, commerciale e turistico del paese; progetti di integrazione multimodale; sistemi di sportelli unici; sistemi informatici integrati ed ogni altra iniziativa tesa allo sviluppo di una complessiva piastra logistica, di portata sovra regionale, con l’obiettivo della competitività internazionale della nostra economia, valorizzando l’imprenditoria locale ed i territori. Questi obiettivi posso essere conseguiti mediante due opzioni, che rappresentano – queste si – una radicale riforma ed una profonda semplificazione del sistema in vigore :
a. una sola Authority Nazionale della Logistica e della Portualità , con una regia centralizzata, o in alternativa,
b. L’Istituzione di sei Autorità di Sistema della Portualità e della Logistica, competenti sulle aree Nord Ovest, Nord Est, Sud Ovest, Sud Est, Sicilia e Sardegna;
4. Semplificazione delle procedure per la nomina dei Presidenti di Autorità, superando la logica dei veti incrociati determinata dal meccanismo della “terna”, ma comunque coinvolgendo, fin tanto che esisterà l’art.117 della Costituzione nell’attuale formulazione, le Regioni di riferimento; istituzione di un Comitato di Gestione a livello di Autorità di Sistema, trasformazione del Comitato Portuale di ciascuna Autorità Portuale locale in un organo “consultivo”, quale organo capace di rappresentare le aspettative e le vocazioni territoriali da parte di Istituzioni locali, Associazioni di Categoria ed Imprenditoriali, rappresentanti dei Lavoratori;
5. Responsabilità in capo alla Authority Nazionale o alle Autorità di Sistema della Portualità e della Logistica, per ciò che attiene ai porti (ma ciò varrebbe per tutte le componenti della piastra logistica territoriale), delle funzioni di indirizzo, programmazione, coordinamento promozione e controllo delle operazioni portuali e delle altre attività esercitate nei porti, sulla base delle indicazioni ricevute dalle singole sottoposte Autorità Portuali, raccordandosi al Ministero dei Trasporti e delle Infrastrutture ai fini delle approvazioni e controlli di competenza in merito in merito alla individuazione delle opere di grande infrastrutturazione da realizzarsi nei porti e fuori dai porti.
6. Responsabilità in capo alla Autorità Portuale del singolo scalo a:
elaborare il piano operativo triennale, per l’approvazione da parte del Comitato di Gestione dell’Autorità di Sistema;
elaborare il Piano Regolatore Portuale;
sottoporre al Comitato di Gestione dell’Autorità di Sistema gli schemi di delibere riguardanti il bilancio preventivo e le relative variazioni, il conto consuntivo, etc;
coordinare le attività svolte nel porto dalle pubbliche amministrazioni, dai servizi portuali, etc;
amministrare le aree ed i beni del demanio marittimo compresi nell’ambito della circoscrizione territoriale;
esercitare le competenze attribuite alla Autorità Portuale dagli art. 16 e 18, rilasciando, sentita la Commissione Consultiva Locale (e il Comitato di Gestione), le autorizzazioni e le concessioni di cui agli stessi articoli;
assicurare la navigabilità in ambito portuale e provvede al mantenimento ed approfondimento dei fondali;
regolamentare il lavoro portuale.

I punti 1) e 2), insieme a norme di semplificazione delle procedure per la nomina dei Presidenti delle Autorità Portuali, costituzionalmente compatibili con l’attuale assetto, potrebbero essere implementati subito, con un semplice intervento di “manutenzione” alla Legge 84/94 in vigore, senza attendere i tempi di una più complessa legge di riforma, con immediati effetti benefici e risolutivi per la portualità del paese.

Auspichiamo la nostra posizione venga ascoltata e ci rendiamo disponibili per un confronto aperto e costruttivo non appena possibile.

Salerno/Savona, 18 dicembre 2015

Le Associazioni di categoria del Porto di Salerno (in rappresentanza di tutte le aziende associate)

Le Associazioni di categoria del Porto di Savona (Isomar, Unione Utenti del Porto di Savona-Vado Ligure, Sezione terminalisti presso Unione Industriali di Savona) in rappresentanza di tutte le aziende associate

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